Le prime notizie della chiesa di San Giovanni Battista ed Evangelista di Fontechiari risalgono ai primi anni del XIV secolo, 1308-1310, quando insieme alle Chiese di Sant’Angelo, San Vincenzo, San Leonardo, Santa Lucia e San Nicola, versa alla Sede Apostolica la somma di 6 tarì ( Rationes 1962, n.180, p.18; n. 215, p. 20).
A questa epoca risale l’impianto più antico della chiesa, in pietra a vista, corrispondente alla zona absidale attuale e che successivamente fu ampliata. Consacrata nel 1751 dall’arciprete Don Tommaso De Carolis, la chiesa Parrocchiale di Fontechiari, dedicata ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista, fu costruita nella immediata periferia del centro storico medievale, su un’antica area cimiteriale, accanto alla vecchia chiesa romanica, dedicata a S. Antonio Abate (XIII sec.), che nella circostanza fu parzialmente demolita.
In stile barocco, a pianta rettangolare, con tre navate, sei colonne e otto archi, fu opera di maestranze locali.
Restaurata nel 1886 dall’arciprete Giovanni Sacchi, in stile barocco, si presenta interessante nel coro ligneo settecentesco in noce nostrana, negli stucchi e nella decorazione delle pareti, dove, l’abile mano di un pittore, ha saputo rappresentare vari tipi di marmo allora in uso, dipingendoli manualmente, dal giallo di Siena, al rosa di Verona, all’arabescato, al bianco di Carrara ,all’alabastrino al verde malachite. La facciata del 1957 si collega alla sottostante Piazza S. Giovanni, ad una quota più bassa, attraverso una doppia rampa di scale in pietra locale.
Sull’altare della navata sinistra, vista dall’ingresso, c’è un dipinto raffigurante l’Assunta opera di Severino Galante di Pescara, pittore di buona fama che ha operato in zona agli inizi del 1800.
L’altare aveva il patronato della famiglia De Carolis. L’altare ha il paliotto decorato con croce raggiata e pilastrini dipinti a tarsie marmoree; il fastigio, sorretto da colonne dipinte a finto marmo marrone, contiene un gruppo di teste di cherubini ed è sormontato da stemma gentilizio raffigurante testina di profilo e stelle. Il dipinto fu posto in chiesa il 12 agosto 1830 quando era parroco Don Scipione De Carolis. Come si ricava dall’iscrizione sul paliotto le parti dorate delle decorazioni sono state rinfrescate nel 1937 dal cavaliere Vincenzo Agostini.
Sull’altare della navata centrale c’è lo stemma della famiglia Agostini sostenuto da un gruppo di teste di Cherubini ed una tela che raffigura la Trinità con i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista. opera non firmata di inizio 1800. La Pala è definita da due colonne con capitelli dorati, con fastigio a volute contenente la colomba dello Spirito Santo, in stucco dorato. Ai lati siedono due angeli che offrono simboli dei due Santi cui è dedicata la chiesa: S Giovanni Battista (testa sul piatto) e S. Giovanni Evangelista (calice).
Nella navata destra, altare con paliotto decorato a motivo di croce raggiata su fondo dipinto a tarsie marmoree. Il fastigio sorretto da colonne dipinte a finto marmo, racchiude una finestra a cornice sagomata. Ai lati siedono due angeli con festoni di fiori. Sopra la cornice della pala due cherubini sorreggono un cartiglio con l’iscrizione SS. ROSARII. Come si ricava dall’iscrizione del paliotto in basso gli elementi decorativi dell’altare furono ridecorati nel 1896 a spese di Ottavia Scorti Agostini. Tutto l’altare è stato restaurato e ridipinto nel 1937. Il dipinto coevo della costruzione della chiesa rappresenta la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina di autore sconosciuto.
Sulla volta dell’abside 4 medaglioni rappresentanti: il calice e l’ostia pane di vita, l’ancora ovvero la Chiesa ancora della salvezza, l’agnello a rappresentare il Cristo immolato, il pellicano allegoria ripresa da Dante Alighieri che nel paradiso definisce Cristo il pellicano di Dio, un uccello che in caso di necessità, strappa le sue carni per nutrire i piccoli e salvare loro la vita.
Sulla volta della navata centrale due affreschi, uno raffigurante l’Assunta su nuvole tra angeli e cherubini, adorata dai SS. Giovanni Battista ed Evangelista; l’altro la Trinità in un concetto tutto particolare: c’è Cristo in ginocchio davanti a Dio Padre con in basso cherubini che recano la croce e in alto la colomba dello Spirito Santo.
Il tutto a simboleggiare la volta del cielo protagonista di questi due eventi agli albori della cristianità, dipinti di un unico autore di scuola napoletana, belli sopratutto nel senso del dinamismo, della prospettiva e della profondità che esprimono.
Sull’ingresso principale, in ottime condizioni e ben funzionante c’è un organo costruito nel 1785 da Cesare Catarinozzi, esponente di una antica e importante famiglia di costruttori di organi, per volonta del parroco don Tommaso De Carolis. E’ stato restaurato nel 1985 per interessamento dell’arciprete parroco don Francesco Del Bove. Il campanile originariamente era situato nella posizione opposta e precisamente sul lato dell’ingresso laterale.
Di notevole valore artistico sono due affreschi appartenenti alla vecchia chiesa di S. Antonio Abate, ritrovati nel 1977, in occasione della costruzione della nuova casa parrocchiale.
Il primo collocato sull’ingresso laterale, rappresenta la Madonna col Bambino in trono, Santa Caterina D’Alessandria, martire condannata dall’imperatore Massenzio al supplizio delle ruote dentate, San Sebastiano Martire legato ad un palo con il corpo nudo sanguinante a causa delle frecce;. l’ultimo santo al centro della composizione assieme alla Vergine considerando l’attributo delle frecce come simbolo di protezione contro la peste fa pensare a San Rocco intercessore speciale di questa malattia e in molti luoghi egli è associato a S. Sebastiano o lo sostituisce (Bibliotheca XI, coll. 264-273; KAFTAL 1952, coll. 893-896; ID. 1965, coll. 969-972; Lexicon V, coll. 496-508).
L’affresco si lega a due matrici stilistiche : gli affreschi laziali del Trecento per la schematicità della composizione, per la rigidità delle figure inespressive oltre che per lo sfondo privo di spessore ed inserito entro un pannello, e le scuole del tardo rinascimento dell‘Italia Centrale. Analogie si rilevano con la pittura umbra del Quattrocento, ricca di raffigurazioni affrescate della Madonna col Bambino in trono accompagnata da San Sebastiano. I caratteri stilistici suggeriscono una datazione nell’ultimo quarto del XV secolo. (Marina Gargiulo, Biblia Pauperum – Affreschi medioevali in Ciociaria)
Il secondo,come si legge nella scritta visibile in calce, è un affresco votivo dono del mastro Toma di Schiavi del 1552, rappresenta le tre figure tipiche a cui si rivolgeva il mondo contadino per invocare protezione: la Madonna delle Grazie con volto severo stende il velo protettivo sulla chiesa e sulla comunità a proteggerli dalle insidie mentre, alla base, la chiesa sembra poggiare sulle onde a rappresentare le frequenti alluvioni che avvenivano in zona; la seconda figura è S. Antonio Abate a cui era dedicata la vecchia chiesa demolita, protettore degli animali ed in particolare del maiale. E’ noto che nel mondo contadino la morte del maiale poteva significare la fame durante l’inverno, la terza figura, dal volto dolcissimo rappresenta la Madonna del parto o del latte, in atteggiamento di allattare il figlio anch’esso volto dolcissimo, figura importante per la donna nel mondo contadino dove si moriva molto di parto o la carenza di latte poteva rappresentare la fine per il neonato.
A cura del Dott. Domenico Marsella