Questa sintesi è nata da un meraviglioso viaggio compiuto all’interno dell’Archivio Storico Comunale dall’anno 1761 fino ad oggi. Sono stati individuati tutti i nominativi dei Sindaci, dei Podestà e dei Commissari prefettizi che si sono succeduti nel governo del Comune di Fontechiari, curandone la crescita culturale, sociale ed economica. Il nostro Archivio Storico non è un ambiente buio e polveroso ma luogo pieno di fascino che ci fa entrare in contatto diretto con la storia attraverso carte vecchie di secoli (la più antica è del 1624: pergamena dell’Ospedale), che ci fanno sentire parte della comunità che è la vera protagonista della storia. Essa abita anche nei documenti dei nostri piccoli Comuni e gli archivi ce ne aprono la porta. È estremamente importante favorire la conoscenza della più importante istituzione locale, dei numerosi Sindaci che si sono succeduti nel tempo, ed è doveroso trasmetterne la memoria perché con il loro impegno politico hanno contribuito al riconoscimento identitario, storico e culturale della gente e del territorio. Qualche cenno sull’evoluzione storica di esso e della istituzione comunale. Le magistrature locali sono documentate nel nostro archivio storico a partire dal 1761 anche se non mancano taluni riferimenti all’assetto amministrativo del secolo precedente quando, le deliberazioni concernenti il governo dell’Università di Schiavi, venivano adottate dalle assemblee dei cittadini riunite in “parlamento”. Dobbiamo, purtroppo, deprecare la scomparsa dei volumi delle deliberazioni adottate tra il 1638 e il 1760, ma grazie al volume successivo, abbiamo notizia di una importante riforma del parlamento cittadino adottata il 27 agosto 1752. In tale data il Parlamento presentò al Re una supplica tendente all’autorizzazione ad eleggere trenta cittadini del parlamento, dieci per ogni ceto, proprietari, artigiani e contadini, che curassero i doveri dell’amministrazione del territorio per la durata di un anno, dal 1 settembre al 31 agosto. Il Re accolse la richiesta e da allora furono 24 gli ufficiali addetti all’amministrazione del paese con funzioni diverse: il Camerlengo, con funzione di segretario generale e di tesoriere, (nel nostro comune, a partire dal 1774, trovasi nominato talvolta Camerlengo, tal’altra Sindaco) due Officiali, due Giudici della Baliva, tre Periti ( per gli apprezzamenti dei danni e stime in genere), due Razionali (revisori dei conti), due Grassieri (addetti all’Annona), tre Mastri Portolani (custodi delle porte del paese), quattro Sindacatori (controllavano l’operato degli amministratori) e cinque Attuari (magistrati dei quali non è stato possibile individuare i compiti). A Schiavi, dunque, amministrava la cosa pubblica il Consiglio dei trenta parlamentari mentre in quasi tutto il Regno di Napoli prendeva corpo l’istituto del Decurionato. Giungiamo, così, al decennio francese e con la riforma del 18 ottobre 1806 l’istituto del Decurionato fu esteso a tutti i comuni del Regno e vennero emanate le norme per disciplinare le elezioni dei Decurioni. Con legge 20 maggio 1808 n. 146 l’accesso alle liste degli eleggibili alle cariche di decurione, sindaco o eletto, fu consentito anche a chi esercitava una professione nelle arti liberali, a prescindere dal censo. In virtù di tale ultima riforma, la nomina del sindaco e degli eletti – sulla base di una terna di soggetti eleggibili proposta dal Decurionato – era effettuata dal re o delegata agli Intendenti nei Comuni minori come nel caso del comune di Schiavi in Circondario di Arpino, Distretto di Sora, PROVINCIA DI TERRA DI LAVORO. Con il Congresso di Vienna del 9 giugno 1815 fu sancito il ritorno dei Borbone nel Regno delle Due Sicilie. Il Re Ferdinando I riorganizzò nuovamente le amministrazioni locali con legge 12 dicembre 1816 n. 570. All’art. 53 essa prevedeva per ogni comune un sindaco, un primo e un secondo eletto, un cancelliere archiviario, un cassiere ed il decurionato. Sindaco ed eletti venivano nominati ogni tre anni dal Re nei centri di prima e seconda classe e dall’Intendente in quelli di terza classe, scegliendo da una terna di nomi sottoposta dal decurionato e composta da cittadini ad esso estranei. Schiavi apparteneva alla terza classe. Il sindaco era tanto organo esecutivo comunale – poiché presiedeva il decurionato e dava esecuzione alle sue delibere previa approvazione dell’Intendente – quanto espressione del potere centrale a livello locale nonché ufficiale di stato civile, ufficiale di polizia e, ove non vi fosse un giudice di pace, anche organo giudiziario. Successivamente alla sconfitta del regime borbonico (1 ottobre 1860) e all’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno sabaudo (21 ottobre 1860), la disciplina delle amministrazioni comunali nei territori annessi avvenne con legge 23 ottobre 1859 n. 3702 “Legge Rattazzi” e successivamente con legge 22 marzo 1865 n. 2248, “Legge Lanza” per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia. Tale nuovo impianto normativo stabiliva che il sindaco fosse nominato dal Re tra i consiglieri comunali. La carica era triennale e poteva essere riconfermata se il sindaco era ancora consigliere. Il sindaco era coadiuvato dalla giunta, sempre scelta dal consiglio comunale. Nei comuni con meno di 3.000 abitanti – Schiavi ne contava poco meno di 2000 nel 1861 – il consiglio comunale era costituito da 15 membri e la giunta municipale era formata dal sindaco, da due assessori effettivi e due supplenti. Va ricordato, a questo punto, che con circolare ministeriale n. 12783 del 30 giugno 1862, il ministro dell’Interno Urbano Rattazzi, dispose che, i Comuni che lo avessero voluto, avrebbero potuto assumere un nuovo nome e il Comune di Fontechiari, con delibera in data 4 settembre 1862, decise di mutare il nome di Schiavi in quello attuale di Fontechiari. Il voto, assunto all’unanimità dai Consiglieri presenti in seconda convocazione, trovò attuazione nel Decreto del Re d’Italia in data 9 ottobre 1862, come dagli allegati documenti d’archivio. Con il Regio decreto 10 febbraio 1889 n. 5921 fu introdotta l’importante novità dell’elezione del sindaco da parte del consiglio comunale, ma ciò solo nei capoluoghi e nelle città sopra i 10.000 abitanti. Nei piccoli comuni il sindaco veniva ancora nominato dal Re tra i consiglieri. Altre innovazioni giunsero dalla legge 11 luglio 1894 n°287, che portò la durata dei consigli a sei anni, con il rinnovo della metà ogni tre anni. La durata della giunta comunale fu portata a tre anni, senza però rinnovamenti parziali. A seguito dell’entrata in vigore della legge 29 luglio 1896 n°346 l’elezione del sindaco da parte del consiglio comunale fu estesa a tutti i comuni d’Italia. Con legge 11 febbraio 1904 n°35 il rinnovo dei consigli divenne biennale per un terzo. Con legge 4 febbraio 1926, n. 237 furono soppressi tutti gli organi elettivi dei comuni e contestualmente si introdusse la figura del podestà, un funzionario onorario, nominato con decreto reale, che cumulava tutte le funzioni precedentemente attribuite al sindaco, alla giunta municipale e al consiglio comunale. Durava in carica cinque anni e poteva essere riconfermato o revocato dal prefetto. La medesima legge istituì anche la consulta municipale, organo meramente consultivo composto da cittadini nominati per 1/3 dal prefetto e per 2/3 da enti, sindacati e associazioni locali. Con l’adozione del regio decreto luogotenenziale del 4 aprile 1944 n.111, vennero ripristinate le figure del sindaco e della giunta comunale. La nomina provvisoria avveniva ad opera del prefetto. Dopo che il D. Lgs. Lgt. del 2 febbraio 1945 n. 23 ebbe esteso il diritto di voto alle donne, il successivo D. Lgs. Lgt. 7 gennaio 1946 n. 1 ricostituì le amministrazioni a base elettiva, aprendo alle prime elezioni a suffragio universale dell’Italia unita, tenutesi il 31 marzo 1946. I consigli così eletti sarebbero dovuti rimanere in carica per un quadriennio, ma la legge n. 255, 12 maggio 1950, ne prorogò la durata. L’impianto normativo prevedeva che tanto il sindaco quanto la giunta fossero eletti dal consiglio comunale. L’elezione diretta del sindaco è stata introdotta dalla legge 25 marzo 1993 n. 81, che ha anche previsto la nomina degli assessori da parte del sindaco. La medesima normativa aveva previsto un mandato quadriennale, esteso ad un quinquennio dalla legge 30 aprile 1999, n. 120. Con il D. Lgs. Del 29 gennaio 2024 n.7 è stata introdotta l’eliminazione del limite di mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e l’aumento da 2 a 3 del limite dei mandati per i comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare il sindaco dott. Pierino Liberato Serafini e tutta l’amministrazione comunale per aver concesso la consultazione dell’Archivio storico comunale e per l’interesse e l’apprezzamento mostrato nei riguardi di questa ricerca. Ringrazio l’avvocato Luciano Santoro, cultore appassionato di storia locale, per i preziosi consigli e suggerimenti. Un particolare ringraziamento alla Pro Loco, che ha finanziato la stampa di questa ricerca ed al presidente Onorio Vozza che ne ha curato l’impaginazione e la grafica. Infine, ringrazio tutti coloro che hanno gentilmente concesso la documentazione fotografica: Sarah Benacquista, Adele Capobianco, Antonio Cocchi, Bianca Ferrante, Giuseppina Frisone, Emilio Fusco, Domenica Gizzi, Roberto Gizzi, Gianni Greco, Rossana Longo, Giorgio Messercola, Walter Messercola, Romolo Notarantonio, Emilio Panetta, Mario Petrosino, Emilio Rocchi, Sonia Ruggieri, Anna Salvatore, Antonietta Simeone, Maria Teresa Simeone.
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